Il Comitato "Salviamo l'Istmo e la Sacca Orientale" ha scritto la seguente lettera al Commissariato per la liquidazione degli Usi Civici di Bari e al Comune di Lesina, dove viene ripercorsa tutta la storia che riguarda l'Istmo Schiapparo, dal 1800 fino ai giorni nostri; una lettera importante che ci aiuta a conoscere e a comprendere la storia del nostro territorio.
In riferimento al contezioso fra i Comuni di Lesina e San Nicandro Garganico desideriamo soffermarci su alcune particolarità, da noi ritenute di rilevanza storica al fine di portare a conoscenza la situazione del territorio della laguna detta di Lesina dove, per lunghi anni non è stato mai effettuato un vero controllo, da parte delle amministrazioni comunali al sorgere di tante abitazioni private da gente che in buona fede ha pensato di investire i propri risparmi di tanti anni di duro lavoro, in gran parte fuori dall'Italia.
Non è stato permesso solo di edificare le case ma non è mancato l'incoraggiamento a poter operare da parte di chi ha avuto la tendenza ad agire con leggerezza venendo meno all'esercizio della propria funzione per la difesa del Paese.
Con la legge sul condono edilizio del 2004, legge finanziaria 2003/legge quadro 28 febbraio 1985 n. 47, tutti i "legittimi" proprietari, dopo aver ottemperato al pagamento di quello che la legge prevedeva per la sanatoria e condono delle costruzioni prive di concessione edilizia, ancora oggi si trovano nella condizione vessatoria da parte del Comune di Lesina di versare nelle casse dello stesso spese per TARES, IMU ecc.. All'onere delle tasse si aggiunge la beffa del non avvenuto condono come previsto dalla legge e alla mancata promessa, da parte dell'amministrazione comunale, di legalizzare il tutto in un periodo di uno-due anni a partire dal 1985.
Un po' di storia per comprendere l'attuale situazione di fatto.
La storia amministrativa della laguna detta di Lesina è stata dal 1800 attraversata da incomprensioni e soprusi da parte dell'allora feudatario di Lesina per ciò che riguarda i confini territoriali amministrativi dei Comuni di Lesina e di San Nicandro Garganico. Anche dopo l'abolizione feudale e l'entrata in vigore di nuove leggi, la definizione dei confini territoriali e loro competenze da parte dei comuni interessati è rimasta irrisolta. In pratica ancora oggi, cosí come avveniva nei secoli passati con la presenza del feudatario, il Comune di Lesina si arroga il diritto giurisdizionale, politico ed economico sull'intero territorio della laguna detta di Lesina.
Quindi gli amministratori lesinesi perseverano nella speculazione delle risorse della laguna e delle terre limitrofe non offrendo quei sevizi utili alla collettività, strade, fogna, luce, gas. Insomma i servizi primari che renderebbero confortevole e salubre la vita di chi vi vive.
(Dal "La Laguna di Lesina e Le sue Quistioni - Volume II Parte speciale del 1903 - P. Rosano - D. Zaccagnino - D. Majolo": il comportamento degli amministratori lesinesi è stato sempre quello di ricorrere ad ogni pretesto per offendere la laguna perseguitata dalla sfortuna. La condotta dei lesinesi è stata la distruzione delle rendite della laguna e delle terre adiacenti. Essa non è mai stata proprietà del Comune di Lesina. Questo si rileva dalla sentenza della Commissione Feudale pronunciata il 13 giugno 1810 in cui il Comune di Lesina, fra le tante richieste, chiese la libertà della pesca nel lago detto di Lesina.
La Commissione Feudale si pronunciò cosi - pag. 30, libro II, capitolo 1- : "Dichiara di aver competuto e competere alla popolazione di Lesina ed a tutte le altre popolazioni di cui le terre circondano il lago cosi detto di Lesina, i pieni usi della pesca per ragioni di commercio fra loro. Relativamente all'applicazione delle leggi eversive della feudalità sulla proprietà e oltreuso della pesca nello stesso lago, la Commissione si riserva di pronunciarvi. Per gli oggetti di salubrità pubblica si rinviano le parti a provvedersi presso l'autorità amministrativa. Intanto dichiara al Comune di valersi il dritto di aprire una nuova foce attraverso le terre che gli toccheranno in divisione". In gennaio del 1851 ad opera dei sannicandresi fu aperta un'altra foce, la foce Schiapparo. Fu necessaria l'apertura di questa, poichè le intense piogge ricolmarono la laguna, per prevenire la malaria che tanto afflisse la piccola cittadina lesinese, e per salvare i terreni bagnati dalle acque lagunari verso San Nicandro Garganico, agli stessi proprietari della laguna detta di Lesina, mentre quelli verso Lesina che erano proprietà di cittadini lesinesi.
Con l'apertura della foce Schiapparo il lesinesi potettero alleggerire il peso delle malattie, restava ancora da combattere le mefitiche condizioni igieniche delle case e delle strade di Lesina.
Il 3 novembre del 1823, eseguita precedentemente la regolare subasta, delibera del Decurionato di Lesina e decreto di Sovrana Autorizzazione, il Comune di Lesina allo scopo di procurarsi un reddito certo, censì all'eredità del Principe Imperiale, la terza parte della laguna pervenutagli per sentenza della Commissione Feudale. E così la laguna diventò per intera proprietà piena ed assoluta dell'Eredità Imperiale, da cui ebbero causa i noti proprietari sigg. Zaccagnino, Masselli, Galante ed altri.
In seguito alla constatazione della Commissione Sanitaria di San Severo, sulle condizioni sanitarie del Comune di Lesina, accertato che la malattia non era causata dall'acqua stagnante della laguna, che con i suoi malefici afflussi ammorbidiva l'aria e asseriva lo svilupparsi del miasma palustre da quei terreni che dopo essere stati coperti di acque stagnanti nella stagione invernale, si disseccavano poi col calore dei raggi solari d'estate, bensì dalle condizioni igieniche delle case e delle strade di Lesina. Fu disposto di tenere le acque sempre alla stessa altezza, di distruggere le erbe lacustri e di utilizzare uno dei canali non soggetto agli interrimenti creando la perenne comunicazione col mare. Questa relazione non piacque a Lesina e le querele si fecero vivaci che con pertinace costanza fece seguire deliberazioni e deliberazioni e vieppiù incalzò le Autorità Superiori. Se volessimo leggere con spassionatezza tutta la lunga sequela degli atti riflettenti tale pratica tra il Ministro dell'Interno, quello dei Lavori Pubblici, la Prefettura e sottoprefettura di Foggia, il Municipio di Lesina e i proprietari della laguna sino al 1873, possiamo ravvisare il tarlo roditore che insidiò tutta l'opera grandiosa occorrente al risanamento vero della laguna detta di Lesina e la malafede di quel Comune. Nel 1810 furono messi da parte i diritti di Lesina su una terza parte della laguna e successivamente, nel 1923, fu censita questa terza parte. Il Comune di Lesina a riguardo non dimenticò la sua domanda, inoltrata alla Commissione Feudale della libertà della pesca nella laguna detta di Lesina e, non potendovi entrare più per la porta, tentò di entrare per la finestra, perciò ricorse all'igiene, il più potente dei mezzi atti ad ottenere facoltà e sostegno dalle Autorità. Cosi iniziò la lenta e assidua invasione di quel Comune nella proprietà privata della laguna.
Con l'apertura della foce Schiapparo il lesinesi potettero alleggerire il peso delle malattie, restava ancora da combattere le mefitiche condizioni igieniche delle case e delle strade di Lesina.
Il 3 novembre del 1823, eseguita precedentemente la regolare subasta, delibera del Decurionato di Lesina e decreto di Sovrana Autorizzazione, il Comune di Lesina allo scopo di procurarsi un reddito certo, censì all'eredità del Principe Imperiale, la terza parte della laguna pervenutagli per sentenza della Commissione Feudale. E così la laguna diventò per intera proprietà piena ed assoluta dell'Eredità Imperiale, da cui ebbero causa i noti proprietari sigg. Zaccagnino, Masselli, Galante ed altri.
In seguito alla constatazione della Commissione Sanitaria di San Severo, sulle condizioni sanitarie del Comune di Lesina, accertato che la malattia non era causata dall'acqua stagnante della laguna, che con i suoi malefici afflussi ammorbidiva l'aria e asseriva lo svilupparsi del miasma palustre da quei terreni che dopo essere stati coperti di acque stagnanti nella stagione invernale, si disseccavano poi col calore dei raggi solari d'estate, bensì dalle condizioni igieniche delle case e delle strade di Lesina. Fu disposto di tenere le acque sempre alla stessa altezza, di distruggere le erbe lacustri e di utilizzare uno dei canali non soggetto agli interrimenti creando la perenne comunicazione col mare. Questa relazione non piacque a Lesina e le querele si fecero vivaci che con pertinace costanza fece seguire deliberazioni e deliberazioni e vieppiù incalzò le Autorità Superiori. Se volessimo leggere con spassionatezza tutta la lunga sequela degli atti riflettenti tale pratica tra il Ministro dell'Interno, quello dei Lavori Pubblici, la Prefettura e sottoprefettura di Foggia, il Municipio di Lesina e i proprietari della laguna sino al 1873, possiamo ravvisare il tarlo roditore che insidiò tutta l'opera grandiosa occorrente al risanamento vero della laguna detta di Lesina e la malafede di quel Comune. Nel 1810 furono messi da parte i diritti di Lesina su una terza parte della laguna e successivamente, nel 1923, fu censita questa terza parte. Il Comune di Lesina a riguardo non dimenticò la sua domanda, inoltrata alla Commissione Feudale della libertà della pesca nella laguna detta di Lesina e, non potendovi entrare più per la porta, tentò di entrare per la finestra, perciò ricorse all'igiene, il più potente dei mezzi atti ad ottenere facoltà e sostegno dalle Autorità. Cosi iniziò la lenta e assidua invasione di quel Comune nella proprietà privata della laguna.
Nel 1928 gli occupatori sannicandresi delle terre intorno alla laguna, sinora pescatori (pantanini) selvaggi senza regole, furono organizzati in cooperative e potettero avere un reddito dalla vendita della pesca.
I sannicandresi, oltre la pesca, continuarono a lavorare i terreni producendo grano e legumi, coltivarono la vite e l'ulivo.
Quando negli anni sessanta iniziarono le costruzioni non ci fu alcuna opposizione, sia degli amministratori del Municipio di San Nicandro Garganico sia di quelli di Lesina.
In noi si nutre uno stato di grave inquietudine e preoccupazione, di incertezza e di esitazione, determinato dal dubitare che il comportamento di tanti amministratori possa essere coerente con le norme morali o sociali, giuridiche o amministrative e sia quindi colpevole e riprovevole. Tra premesse e conclusioni siamo inciampati in un macigno che assilla il nostro pensiero, causandoci timore e turbando la serenità e nello stesso tempo determinando uno stato di apprensione e di ansia, perchè se si dovesse muovere, annullerebbe il principio del COSISSO (il Comitato, ndr) di procedere con la legalità, e causerebbe danni economici e di quiete sociale.
Distinti saluti
Giorgio Luigi
Caruso Nunzio
Solimando Emanuele
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